Ad una certa parte della politica, che istiga ancora all’odio, e che di un monologo così importante, toccante ed attuale come quello che Pierfrancesco Favino, in una performance straordinaria, ci ha regalato durante il Festival di Sanremo, ho dedicato alcune parole su Twitter:
Alla Politica che spreca parole ostili: inchinatevi di fronte all’arte espressa da Pierfrancesco Favino.
Elevatevi di fronte alla grandezza della recitazione, quella vera.
Imparate. Ad essere veri.
Voi non dovete recitare.
Dovete fare politica.
Che quella ci serve.
Grazie.— ROBERTO FURESI (@RFURESI) February 11, 2018
Un monologo intitolato “La notte poco prima delle foreste” dell’autore Koltès, che come precisato dall’attore in un intervista al Corriere:
“il monologo in realtà non parlava di migranti, ma di estraneità, del sentirsi straniero in un Paese”.
E succede anche a me, di fronte a questi attacchi ingiustificati all’arte, dietro la scusa del buonismo, di sentirmi straniero a casa mia. Allora io dico che la politica, un certo tipo ben preciso di politica, deve finirla di recitare. Ha recitato continuamente in questa campagna elettorale, lanciando promesse irrealizzabili e talune bizzarre al limite della decenza. Non è recitare questo? Lasciamo fare il mestiere a chi lo sa fare. In un festival dove la musica è stata sempre al centro, l’unico momento attoriale è stato strumentalizzato in maniera così becera che c’è da vergognarsi. Ed io mi vergogno personalmente per questo tipo di politica. Noi abbiamo bisogno che i politici smettano di recitare, ed inizino a fare politica. Perchè i cittadini hanno bisogno di questo. Di politica che risolva i problemi del Paese. Non abbiamo bisogno di melodrammi elettorali che ci vengano propinati ogni giorno. Lode a Favino, un artista di cui il nostro Paese può andare fiero ed orgoglioso. Molto meno della politica stessa che lo accusa.